Com’è Donald Trump? Un pazzo che ci porterà alla guerra mondiale. Ma non era un isolazionista che si occupava solo di affari e soldi?
Com’è Matteo Salvini? Un populista atlantista prono agli USA perché a caccia di altri consensi. Ma non era amichetto di Putin e in odore di affari loschi con lui, tanto che Trump si schierò con Giuseppi al cambio d’abito di governo, e allora, in quella occasione, il parere di Trump fu ripreso come molto autorevole, addirittura come uno spartiacque nella legittimazione dei giallorossi?
Com’è la situazione della politica estera americana? Nel caos, senza alcuna possibilità di capire quale direzione prenderà, soprattutto dopo che è stato licenziato brutalmente John Bolton. Ma Bolton non era il falco mostruoso dei Bush, che voleva a tutti i costi conflitti con gli stati canaglia del Medio Oriente, a differenza del presidente che pensa di poter usare il famoso metodo del bastone e della carota?
Com’è l’atteggiamento dell’Unione Europea? Cauto, preoccupato, senza alcun intento di tifoseria, perché la situazione in Medio Oriente è complessa e richiede grande iniziativa diplomatica. Ma non ci siamo fatti sfilare completamente la Libia dove non ne abbiamo azzeccata una a partire dal 2011 e ora l’abbiamo consegnata alla Turchia del satrapo Erdogan, ovvero a uno stato canaglia, e in questo modo la Turchia ci controlla dal punto di vista della sicurezza, energetico, della gestione a lauto pagamento degli immigrati?
Com’è che gli States hanno ordinato l’esecuzione di un militare di grande livello, che aveva combattuto l’Isis, uno al servizio del suo Paese, un patriota, anzi un eroe (giuro che lo hanno detto, è stato scritto, e non solo da Diego Fusaro in delirio antiYankee)?
Ma Qassen Soleimani non è forse stato il Mastermind, lo stratega raffinatissimo, l’ideologo principe del terrorismo degli Ayatollah, uno responsabile della morte non solo di centinaia di americani, ma anche di occidentali e musulmani, fatti saltare in aria finanziando il terrorismo internazionale, dai gruppi paramilitari latino americani del narcotraffico ad al Qaeda, uno che faceva piazzare missili balistici nelle aree più densamente popolate sacrificando civili senza neanche sollevare un sopracciglio?
Come si fa ora, che anche se non scatenano la guerra perché non gli conviene, vista la incommensurabile disparità di forze, gli Ayatollah sono capaci di non commerciare più lucrosamente con noi e di tagliarsi la luce? Peccato che a Trump non gliene possa fregare di meno di questo tipo di problemi, visto che di smettere di fare affari con una nazione che ha disatteso gli accordi di smetterla di fabbricare nucleare, in base ai quali si è ripreso a farci affari, lo aveva chiesto da tempo.
E visto che gli Stati Uniti sono autosufficienti ormai dal punto di vista energetico, anzi tra poco lo esportano il greggio, la politica estera americana non sarà più condizionabile dal ricatto di fermare la produzione di greggio, vale per tutti, anche per l’Arabia Saudita. Ma porterà a ridurre anche l’influenza della Russia sui Paesi europei che fino ad ora dipendevano dal gas russo per alimentare la loro economia, in genere a cambiare completamente lo schema degli scambi energetici. Chi ha completato il piano, rovesciando le scelte green di Barack Obama e le geremiadi di quelli dell’ accordo di Parigi, per giungere a questo risultato? Quel pazzo di Trump, guarda un po’.
Com’è che gli Stati Uniti non si sono resi conto dell’ immensa ammirazione degli iraniani e dei musulmani sciiti per il generale Soleimani, un mito, un’ icona alla Che Guevara, e delle possibili conseguenze della rabbia, che già si è manifestata in queste ore durante i funerali impressionanti di massa del martire, termine quest’ultimo utilizzato testualmente dall’inviata del Tg3 Rai?
Peccato che le vere manifestazioni di massa siano state un mese fa, di protesta disperata contro un regime insopportabile. Cito da Amnesty International, fonte che spero non vada bene solo quando parla male degli Stati Uniti:
Gli arresti, sono stati migliaia: persone che prendevano parte alle proteste, studenti, giornalisti, difensori dei diritti umani, persino ragazzi di 15 anni.
Non esiste ancora un dato ufficiale, ma il 26 novembre Hossein Naghavi Hosseini, portavoce del comitato parlamentare per la sicurezza nazionale, ha parlato di 7000 persone arrestate e di 400 morti.
Molti degli arrestati sono stati torturati, trattenuti in isolamento, fatti sparire..
Nella prigione di Raja’i Shahr di Karaj, una delle più famigerate dell’Iran, colonne di camion hanno scaricato centinaia di detenuti, ammanettati e bendati e accolti con calci, pugni, manganellate e frustate.
Gli arresti sono stati accompagnati da una narrativa ufficiale estremamente ostile: dalla Guida suprema al capo della magistratura fino agli organi d’informazione statali, i manifestanti sono stati etichettati come “banditi” e nei confronti degli organizzatori delle proteste è stata invocata la pena di morte.
Ecco, basta con le domande compulsive ispirate dalla lettura dei giornaloni e dall’ascolto di telegiornali condotti da commossi viaggiatori. L’Iran è una dittatura dove comanda la feccia dell’umanità, e’ l’inferno per chi ci vive. Eppure fino al 2008 la situazione era diversa e la fine del regime si poteva intravvedere nel sacrificio di tanti oppositori. Poi arrivo’ lui, il mitico Barack Obama col discorso del Cairo, la mano tesa, l’equilibrio del terrore, la Primavera araba, la guerra a Gheddafi, e non si sa quanta fu stupidità e quanto fu progetto diabolico.
Fratelli Musulmani e Iran scelti per gestire l’equilibrio del terrore, fu miracolato graziosamente un Iran che era al collasso economico e politico, le truppe americane furono ritirate dall’Iraq nonostante successi straordinari del generale Petraeus, che non a caso in queste ore esulta come uno che si sente vendicato.
Dietro la propaganda obamiana si è accodata entusiasta l’Europa a caccia di affari con un Iran diventato sorridente e promettente. Intanto ci hanno riempito di Hezbollah e ci hanno esportato i pasdaran, si sono accomodati in Iraq dove come si è visto Soleimani entrava e usciva come fosse a casa sua, e, convinto che la politica America first volesse dire isolazionismo e debolezza nelle reazioni, aveva organizzato una escalation, da attacchi alle petroliere ad assalti all’ambasciata americana di Baghdad.
Trump glielo aveva detto di non superare la linea rossa, non lo ha preso sul serio, il Mastermind, lo stratega diabolico ha commesso l’errore di sottovalutare la forza e la libertà di azione dell’avversario. Ora impazza insieme a tutte le altre domande sulla stampa europea quella sull’utilità elettorale anti impeachment in nome della quale il presidente americano avrebbe preso l’infame decisione.
Chiunque capisca qualche cosa di politica americana sa che un conflitto in anno elettorale non conviene mai a chi lo autorizza perché gli americani, specialmente se c’è una buona economia, in pace preferiscono stare anche se poi alla guerra per sé e per gli altri ci sono sempre andati. Quanto all’impeachment, i democratici non riescono a farlo neanche approdare al Senato, per ora non sono riusciti neanche a istruire il processo.
Infine, non è igienico per nessuno assalire un’ ambasciata americana dopo Teheran nel 1979, quando Carter, un imbelle come pochi (infatti ha preso anche lui il Nobel per la pace), diede al mondo un’immagine di debolezza che gli americani non hanno dimenticato mai.
Per il resto vedremo come va a finire. Noi, con Giuseppi a Palazzo Chigi e Giggino alla Farnesina, non dovremmo metterci seduti tanto comodi a guardare lo spettacolo. E nelle arrampicate tardo andreottiane delle dichiarazioni degli esponenti politici del nostro Paese, si distingue un solo leader capace di chiamare le cose con il loro nome, è Matteo Salvini.