App “IMMUNI”: la profilatura di massa con l’alibi della sicurezza

Il tracciamento di massa, la nuova app “Immuni”, che attualmente i commissari delle varie “task force” governative stanno mettendo a punto, per “contenere” i pericoli “sanitari”, legati alla dichiarazione di pandemia da Corona virus dell’OMS, non è, sostanzialmente, una novità in Italia

Cambiano solo i settori di utilizzo e i motivi.

Il “Casellario politico centrale”, istituito dallo stato italiano nel 1894 dal Crispi, era, diciamo, l’antesignano delle attuali app di tracciamento di massa e, sebbene con metodi differenti, si prefiggeva di “tracciare” (come diremmo oggi) tutte le “persone considerate pericolose per l’ordine e la sicurezza pubblica. Con la circolare n. 5116 del 25 maggio 1894 nell’ambito della Direzione generale di pubblica sicurezza fu istituito un ufficio con il compito di curare l’ impianto e il sistematico aggiornamento dello schedario degli oppositori politici.

I pericoli ufficiali all’epoca erano gli Anarchici, i repubblicani, i socialisti ma anche oziosi e vagabondi furono oggetto di una capillare attività di sorveglianza che alimentò un consistente archivio di fascicoli personali.

Ovviamente anche durante il periodo fascista l’attività di sorveglianza e controllo della polizia proseguì e si estese a macchia d’olio, comprendendo non più soltanto i “pericoli” politici ma diverse indeterminate categorie di persone, definite genericamente antifascisti, fino a superare il numero di centomila sorvegliati.

Alla base del Casellario, (così come oggi alla base dell’app che dovrebbe sorvegliarci per motivi sanitari) si millantavano importanti motivi, “solide” (si fa per dire) basi scientifiche, ovvero le teorie di Cesare Lombroso (una specie di Burioni ante litteram), e i suoi postulati sulla prestesa relazione “scientifica” tra biologia e comportamento.

E fu così che, per motivi di sicurezza (politica) e su basi pseudo scientifiche, venne attuata la schedatura di massa. Esattamente come oggi la “tracciatura” di massa è relativa alla sicurezza. Sanitaria. E ieri come oggi l’analisi dei dati “deve riconoscere il livello di pericolosità”. Pericolosità dell’emergenza di turno. Ieri il pericolo era politico-criminale, oggi il pericolo è sanitario. E non dimentichiamoci che la schedatura poliziesca di massa crispina e poi fascista è passata pari pari all’amministrazione repubblicana; come noto la Digos è filiazione dell’Ovra. Ma, storicamente, anche nel secolo scorso l’Europa si è cimentata in sovrumani sforzi nazionali per la “difesa della razza. A quell’epoca i “pericoli” erano rappresentati dal “virus bolscevico” e dal “virus ebraico”.

L’Italia si “difese” da tali pericoli con le leggi razziali del 1938, anticipate dal celebre “Manifesto degli scienziati” (razzisti) del luglio 1938. Sappiamo come andò a finire. La Germania, fronteggiò tale “pericolo” con le politiche eugenetiche del terzo Reich. Mai come nella Germania nazista i medici e gli scienziati ( a parte rare eccezioni) furono tutti concordi ed entusiasti sostenitori delle politiche “sanitarie” naziste.

Non dimentichiamo che, come è stato autorevolmente detto da un alto esponente nazista (R:Hess), “il nazismo è biologia applicata”. Biologia che porta ad Auschwitz, ma questo i popoli lo scoprono sempre alla fine.

Italia e Germania insomma, sotto l’aspetto di politiche di sicurezza statale totale contro pericoli vari, sono paradigmatici esempi di come l’annullamento del singolo a favore della statolatria securitaria porti alla catastrofe assoluta.

Ma sembra che sono lezioni storiche ormai dimenticate, specie in Italia e quindi, come disse Primo Levi, destinate a ripetersi.

Da Crispi a Colao, senza soluzione di continuità. Lo stato vuole sorvegliare il popolo, sempre e con ogni mezzo. E sempre più. Con buona pace della privacy.

Viviamo da decenni in una emergenza continua, emergenza come strumento di governo.

Emergenza politica, criminale, economica, sanitaria. Domani magari si inventeranno (ma, sarebbe meglio dire che ci riproporranno) anche quella “spaziale”

Ma come sappiamo da Foucault in poi, le categorie sono intercambiabili per le ragioni eminentemente politiche che stanno dietro le quinte, visto che “Dietro ogni criminale si nasconde un sovversivo e dietro ogni sovversivo si nasconde un criminale”, come direbbe la polizia. E allora è facile passare dal pericolo rappresentato dalle “classi pericolose” a quello “socialista” o “repubblicano” ai vagabondi, agli anarchici, agli “antifascisti”, ai sovversivi, ai pacifisti e via via sempre nuove categorie di “pericoli” e sempre nuove misure liberticide da prendere. Col pretesto della suprema salvezza dello stato. O del “terrorismo”. O della “lotta alla mafia”.

O della “guerra alla pandemia”.

Poi i pericoli passano e le amputazioni di libertà restano.

Legge Pica, misure amministrative fasciste (TULPS), legge Reale, legge Cossiga, legge Pisanu, leggi Bossi/Fini, “pacchetti sicurezza” di Salvini….per citarne solo alcune; un crescendo rossiniano liberticida su cui grava un silenzio assordante. Ma esiste. Anche se sul mainstream si parla solo di sesso, sangue e soldi.

Per questo quando lo stato, sull’onda della paura da pandemia, propone al popolo la schedatura di massa (per qualsivoglia motivo sanitario) si dovrebbe riflettere su quanto insegna la storia.

Riusciamo a immaginare una app di tracciamento di massa nelle mani di Hitler, Mussolini o Stalin? O anche solo nelle mani di Conte o Di Maio o dei super commissari che ci governano? E’ questo che vogliamo? Ci fidiamo dei loro nobili motivi e delle loro rassicurazioni? Ma non vediamo che siamo come un gregge di pecore terrorizzate e allo sbando?

O crediamo alla “fine della storia”? E pensiamo che i “cattivi” sono solo più nelle pagine dei libri. E che noi siamo buomi e belli e bravi e, soprattutto, “democratici”….?

Ma la storia continua.

Per questo continua l’eterna lotta contro l’abuso del potere. E per questo esistono (esisterebbero) dei limiti al potere. Limiti che, emergenza dopo emergenza, sono progressivamente erosi da esecutivi sempre più illiberali. Specie dopo l’11 settembre.

Sotto questo aspetto questa “pandemia spettacolare”, così sovraesposta mediaticamente da creare una isteria planetaria per 160 mila vittime (quasi tutti vecchi e malati) su quasi 8 miliardi di abitanti, ricorda il clima che si respirava dopo gli attentati alle torri gemelle e alla raffica di provvedimenti liberticidi in tutto il mondo occidentale. Patriot act e annessi e connessi.

E mentre prima di quello spartiacque epocale ci si poteva indignare e agire contro il crescente potere di stato e polizia dopo, al contrario, tale agire è stato accettato, legittimato e quasi desiderato.

Con la scusa della sicurezza. Tutto diventa lecito e possibile.

E mentre “prima” il poliziotto doveva chiedere al giudice il permesso per piazzare una cimice, oggi l’orrore dello spionaggio poliziesco di massa coi droni è lecito e ammissibile.

Stiamo scivolando in una distopia orwelliana senza nemmeno renderci conto.

Sembra quasi passare lo story telling tv che se lo hanno fatto in Cina e in Corea lo si può fare anche da noi. Sorvolando sul fatto che la Cina non è un paese democratico propriamente detto.

Ed è così che, in modo sommesso e quasi scontato, arriva nella nostra vita questa app di tracciamento di massa, che si chiamerà “IMMUNI” , perfettamente legale e solo volontaria (per ora).

Facile prevedere che, dopo il futuro martellamento mediatico, chi non la userà sarà additato come untore e pubblicamente stigmatizzato per voler “esporre il proprio paese al pericolo”.

E da notare che questo epocale ingresso di un intera popolazione nel dossieraggio di massa digitale, non è avvenuto dopo un confronto con l’opinione pubblica, ne tanto meno dopo un passaggio parlamentare ma, semplicemente, in seguito a una ordinanza di uno dei commissari non eletti da nessuno, di una delle cosiddette task force governative anch’esse non elette da nessuno.

Siamo nel delirio più totale della biopolitica tecnocratica eretta a sistema. Una macchina che sembra avere preso il controllo totale, tecno-poliziesco, delle nostre vite.

Nulla di più lontano da una democrazia anche solo formale.

La politica è presa in ostaggio dai posti di blocco, dai droni e dalla profilatura di massa.

Naturalmente “per il nostro bene”. Per la nostra salute, ci dicono.

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Il fatto che poi queste “task forces” governative siano in realtà dei comitati di affari dietro cui si celano (ma neppure troppo) Bilderberg e Big Pharma, è una cosa totalmente ignorata dal mainstream della pandemia-spettacolo. Epperò è un fatto. Dovremmo rifletterci.

Insomma,senza renderci conto, stiamo entrando in una dimensione nuova: la santa alleanza tra gli stati e le multinazionali ITC che offriranno i loro servigi per il tracciamento di massa.

Storicamente i giganti di internet hanno sempre trovato dei limiti nelle legislazioni dei vari stati per la difesa della privacy.

Dopo l’11 settembre, specie negli USA, questa contrapposizione è andata sfumando e trasformandosi in alleanza strategica contro il terrorismo e quindi, in altre parole, NSA e CIA a braccetto con Google e Facebook. Alla faccia della privacy.

Ma questo ora rischia di ripetersi anche da noi.

E addirittura aggravarsi, con i recenti provvedimenti del governo italiano circa il tracciamento di massa della popolazione. Con l’alibi della “pandemia”.

Il fatto che Apple e Google abbiano recentemente annunciato una “collaborazione per consentire il contenimento del contagio”, è cosa che dovrebbe far correre un brivido lungo la schiena a chiunque importi un minimo di privacy.

Apple e soprattutto Google sono pericoli per la privacy, e il loro dominio e la loro appropriazione dei nostri dati e delle nostre vite, andrebbero limitati e regolamentati. Non incentivati.

E soprattutto mai queste multinazionali del capitalismo della sorveglianza dovrebbero andare a braccetto con lo stato, bensì dovrebbero essere cose ben distinte e lontane.

A meno di non voler creare una concentrazione di poteri totali e assoluti come non è mai stato nemmeno lontanamente immaginabile nella storia dell’uomo e come sarebbe in contrasto con tutta la filosofia del diritto che postula la fondamentale divisione dei poteri, da Montesquieu a Popper, su cui si reggono (o almeno dovrebbero) le democrazie costituzionali liberali.

Parliamo dei valori dell’illuminismo e delle rivoluzioni dell’epoca moderna. Vogliamo forse rinnegare i valori supremi di libertà e valore assoluto dell’individuo sull’altare della strategia securitaria coreana? Vogliamo sacrificare la “società aperta” al totalitarismo cinese?

Forse è arrivato il momento di fermare la corsa all’isterismo collettivo e di domandarci dove vogliamo andare.

Forse non ci rendiamo conto che, dopo l’esperimento biopolitico degli arresti domiciliari nazionali, si vuole passare al tentativo di istituzionalizzare la profilatura di massa, perché, al di la dei motivi vari, è di questo che si tratta.

E non a caso Vittorio Colao, che gestisce una delle tante “task force” relative alla pandemia, non è un medico, non è un virologo: Colao è un top manager, per di più ex ceo Vodafone e che, per di più, fa parte di lobby e Bilderberg. (!)

Con queste referenze ciascuno potrà farsi un’idea di quali saranno i reali interessi difesi da questi tecnocrati plenipotenziari non eletti da nessuno.

Sarà forse per questo che pretendono, per tutti i loro atti connessi alla gestione della “pandemia”, l’immunità penale e civile?

Sarà forse per questo che vogliono il controllo biotecnologico massivo e totale?

Perchè di questo si tratta, anche se ce lo hanno confezionato bene, nella carta della paura e col marchio della “sicurezza sanitaria”.

Eppure ci sono cose che, credo, non si dovrebbero accettare mai. Senza se e senza ma, come la tortura, come lo schiavismo. E come la schedatura tecnologica di massa.

Non sorge qualche dubbio circa il sinistro castello tecno-kafkiano che ci stanno costruendo intorno? Penso ai numerosi decreti e “autodichiarazioni” vaghi e contraddittori. Eppure la cupola tecnocratica governamentale giallo-rossa e i loro supercommissari onnipotenti, uniti alla soffocante propaganda dei media allineati, lo ricorda tanto.

Ci sarebbe ancora molto da aggiungere. Ma forse queste poche parole dovrebbero essere sufficienti a porre la domanda: la sicurezza è un fine oppure un mezzo?

E ancora: è ammissibile sacrificare la libertà per la sicurezza (per di più, nel caso del virus, alquanto illusoria)?

E mi sia permesso di terminare con le parole di un filosofo,Giorgio Agamben:

Una norma, che affermi che si deve rinunciare al bene per salvare il bene, è altrettanto falsa e contraddittoria di quella che, per proteggere la libertà, impone di rinunciare alla libertà “.

Per questo quando il potere ci impone, quale che sia il motivo, la reclusione di massa e il panopticon tecnologico dovremmo porci delle domande.

Altrimenti tutto è giustificabile.

E diventa così ammissibile sacrificare la libertà, dimenticare i limiti. E correre su quella strada che, seppure pavimentata di buone intenzioni, conduce dritto all’inferno.

Quell’inferno, quel “male” che, come ci ammonisce Bauman, è già stato.

E può essere ancora. Anche se crediamo di esser(n)e “Immuni”.

A.F.

 

 

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